LA FAUNA NATURALIZZATA

Una specie si definisce "naturalizzata" quando, importata dal suo paese di origine e sfuggita alla cattività, si adatta alle nuove condizioni climatiche e al nuovo ambiente tanto da riprodursi e formare colonie stabili sul territorio.

Diamo un'occhiata alle specie naturalizzate che più frequentemente si incontrano nelle grandi città e alle problematiche ecologiche e igienico-sanitarie ad esse legati...


La gambusia

Importato dal Nord e Centro America per la lotta biologica alle zanzare, questo piccolo pesce è riuscito a diffondersi rapidamente sul territorio grazie alla sua stupefacente velocità riproduttiva e alla sue capacità di dispersione nei corsi d'acqua.
Le problematiche generate dalla sua diffusione sempre crescente sul territorio sono soprattutto ecologiche, a carico delle larve di molte specie di anfibi e invertebrati acquatici di cui usualmente la gambusia si nutre.
Oltre a questo aspetto bisogna tenere presente anche il problema legato all'eutrofizzazione delle acque che la presenza di qusto pesce genera nei bacini dove è presente. Il suo alto tasso di crescita e la sua voracità fanno sì che le acque si riempiano presto dei residui alimentari e degli escrementi, nonché deòòe stesse gambusie morte. La presenza di grandi quantità di materiale organico in decomposizione sul fondale consuma molto ossigeno e rende l'ambiente inospitale per molte specie di anfibi e di pesci più esigenti dal punto di vista ecologico.

Per limitare la sua diffusione sul territorio è sconsigliata l'immissione nei corsi d'acqua e nei bacini naturali come agente di lotta biologica, tanto più che non sembra essere così efficace.


Le testuggini acquatiche


Le testuggini acquatiche americane Trachemys scripta scripta e Trachemys scripta elegans, note anche come “testuggini dalle guance rosse” (che possono però essere anche bianche, gialle o striate!), importate dall'America come animali da compagnia, raggiungono nel tempo dimensioni tali che non consentono più il loro mantenimento in acquario in modo appropriato e attento al loro benessere.

Ogni anno centinaia di tartarughe palustri sia del genere Trachemys ma anche dei generi Graptemys, Pseudemys, etc., acquistate nei negozi o vinte in fiere, circhi e luna-park, cresciute e diventate ingestibili, vengono abbandonate in fiumi, laghi, fossi e stagni da proprietari disaffezionati.
Il rilascio di questi animali nell’ambiente determina, oltre che un’elevata mortalità degli individui abbandonati, un notevole danno agli ecosistemi locali, a causa della voracità e dell’invasività delle specie esotiche in commercio.

A tale proposito T. s. elegans attualmente è in Allegato B del Regolamento CE n° 338/97 del 09.12.1996. In pratica significa che è vietata la sua importazione nei paesi dell'Unione Europea, ma i soggetti importati prima dell’entrata in vigore della legge sono di libera detenzione.
Ciò non perché sia in pericolo di estinzione, ma perché gli innumerevoli soggetti che da anni vengono in modo incosciente "liberati" nei fiumi e nei laghi costituiscono una vera minaccia per la flora e la fauna locale, in particolare per gli anfibi e per la tartaruga palustre europea, Emys orbicularis.

Essendo in Allegato B, chi ha nascite di queste tartarughe è tenuto alla compilazione del Registro di detenzione (Decreto ministeriale del 22.02.01), ma solo se intende cederle. In ogni caso è necessario denunciare le nascite al Corpo Forestale dello Stato.

Nell'ottica di limitare la diffusione delle testuggini acquatiche esotiche nell'ambiente senza interventi di eradicazione cruenti, l’A.R.F. ha preso accordi con il Centro Recupero CARAPAX (riconosciuto a livello europeo) di Massa Marittima ed ha lanciato nel territorio laziale una “campagna di raccolta” delle Testuggini Palustri.


Le testuggini terrestri

Oltre alle "antiche" colonizzazioni di testuggine greca (Testudo graeca) dal Nord Africa e dal Medio Oriente e di testuggine marginata (Testudo marginata) dalla Grecia sul nostro territorio, tanto antiche da far rientrare secondo taluni autori queste due specie nella fauna italiana, non sono note per il momento "naturalizzazioni" di altre specie esotiche.


I pappagalli

Il parrocchetto monaco (Myopsitta monachus) è un pappagallo di un vivace colore verde-azzurro, proveniente dalle foreste sudamericane, importato come animale da compagnia e che si sta amiamente diffondendo sul territorio romano.

Il suo nido, un complesso intrico di rami che viene posizionato dalla coppia fondatrice su alberi di grandi dimensioni, è una struttura complessa in continua crescita che arriva ad ospitare un'intera colonia. Può raggiungere i due quintali di peso ed ospitare diverse decine di pappagalli, che hanno una struttura sociale ben delineata in cui si osserva l'alternarsi continuo di individui nel ruolo di "sentinella" a dare l'allarme qualora si avvicinino cornacchie o altri predatori.

Liberati nelle ville di Via Appia Antica, hanno progressivamente colonizzato gli alberi lungo via della Caffarella, raggiungendo il quartiere Appio Latino.
Al Parco della Caffarella si è recentemente osservata anche una colonia di Agapornis roseocollis, un "inseparabile" di origine africana presente per il momento solo con alcune coppie.

I parrocchetti sono pappagalli forti e adattabili che tollerano anche temperature rigide, per questo sono da considerare potenziali competitori per tutta l'avifauna romana.


Lo scoiattolo grigio

Lo scoiattolo della Carolina (Sciurus carolinensis) è originario della parte sudorientale della regione Neartica (America settentrionale). E' stato introdotto in Sud Africa, Australia (ora estinto), Gran Bretagna, Irlanda.

In Italia la s
pecie è stata introdotta nel 1948 in Piemonte (Candiolo a sud di Torino) e nel 1966 in Liguria (Genova Nervi) a scopo amatoriale.

Lo Scoiattolo grigio rappresenta un serio pericolo in quanto arreca gravi danni agli alberi che scorteccia ed ai raccolti di alcune colture specializzate (noccioleti), ma soprattutto perché compete con la specie autoctona Sciurus vulgaris che soppianta laddove si insedia; inoltre è un abile predatore di uova e nidiacei.

La densità delle popolazioni varia principalmente in base alla disponibilità di cibo.



La nutria

Altrimenti detta "castorino", dal gergo commerciale utilizzato in pellicceria, la nutria (Myocastor coypus) è un grande roditore originario dell'Argentina e del Brasile.

Introdotta in diversi Paesi per la sua pelliccia sin dai primi del Novecento, intorno agli anni ottanta la richiesta di pellicce di castorino divenne sempre più bassa e la quasi totalità delle aziende fu costretta alla chiusura.
Al fine di evitare il costoso smaltimento delle carcasse degli animali soppressi con eutanasia, moltissimi vennero rilasciati negli ambienti naturali. Dal 1970 si ebbero così le prime segnalazioni di nuclei introdotti (già nel 1930 in Louisiana - USA), prima localizzati nelle zone limitrofe agli ex allevamenti (Alto Po, Po Ferrarese, Fiume Ombrone, Lago Trasimeno, dintorni di Latina), poi lungo alcuni grandi fiumi della pianura padana, della costa tirrenica dalla Toscana alla Campania, della costa adriatica (Abruzzo).

Le basse temperature e gli inverni rigidi e prolungati ne limitano drasticamente il numero: nel nostro Paese durante i mesi invernali con lunghi periodi gelidi la mortalità giovanile è quasi totale, ed anche molti adulti, soprattutto i maschi che sono maggiormente erratici, sono destinati a morire per necrosi e setticemie, intervenute per congelamento delle estremità.

Il disturbo che la nutria arreca ad uccelli in cova è minore di quello generato dalla presenza antropica sulle stesse sponde di cui è già stato detto (agricoltori e mezzi meccanici, pescatori, gitanti, cacciatori, etc.).

Secondo la Legge sul prelievo venatorio (L.157/92) e secondo l'INFS qualsiasi nucleo di animali che sia insediato stabilmente in un territorio e' da ritenersi selvatico, quindi sottoposto alla L.157/92: in questo caso non è elencata fra le specie cacciabili (Prot.4020/t-A23, 15.11.1999; L.157/92 art.2).



Testi: Silvia Sebasti
Foto Nutria: Silvia Sebasti